Cosa visitare
Informazioni e curiosità di carattere storico, artistico, turistico, economico:
Gremiasco è un piccolo centro abitato sorto intorno al Castello dei Malaspina ed alla chiesa barocca (terminata nel 1712), che conserva tuttora il campanile e la Cappella, destinata ad ospitare il Santissimo Sacramento, di chiaro stile romanico; esso unisce alle dolci colline sulle quali si distende alcuni picchi rupestri in località Guardamonte, sito archeologico di grande rilievo.
Il paese conta numerose frazioni fra cui Colombassi (dove esiste un Santuario), Codevico, Solaro, Stemigliano (dove sono presenti antichi oratori, ancora oggi ben curati), Castagnola (nota per i boschi ricchi di funghi ed ovviamente di castagne) e Musigliano, dove, nelle giornate con buone condizioni atmosferiche,
l’orizzonte si apre raggiungendo le Alpi ed il mare, regalando all’osservatore un panorama davvero mozzafiato.
Gremiasco s’avvale di un rinomato ristorante, il “Belvedere”, a gestione della famiglia Delucchi, dove i buongustai possono degustare il meglio della cucina tipica piemontese, godendosi un meraviglioso panorama; dell’Agriturismo “Guardamonte” che si trova a ridosso dell’omonimo Sito Archeologico; infine, di un negozio di prodotti alimentari e non, che è anche tabaccheria ed edicola.
EDIFICI STORICI: Il Castello dei Malaspina
Originariamente in paese esistevano due castelli, appartenenti alla famiglia dei Marchesi Malaspina.
Dei due, uno, costruito nel XII secolo dai nobili Gremiasco con la funzione di palazzo gentilizio, venne poi adibito a canonica.
L’altro, voluto ed iniziato dagli stessi Malaspina al tempo della loro floridezza, sarà dagli stessi riadattato.
In seguito, sotto la dominazione dei Doria, subì modifiche ed aggiunte che lo portarono allo stato attuale.
La nobile famiglia genovese volle trasformarlo prima in Palazzo di Giustizia, poi in residenza occasionale del Principe, nonché in sede ordinaria del Commissario e della sua Curia.
Il Castello dei Malaspina ha pianta quadrata, è costruito in pietra non squadrata, con una grande scarpatura a fare da base, ed aveva una merlatura ghibellina.
Al pianterreno vi era un grande salone con grandi finestre in stile gotico ed un vasto camino con cappa e rilievi.
Dagli anelli infissi al soffitto della sala è possibile dedurre che si tratti del luogo dove in epoca medievale si amministrava la giustizia.
Per mezzo di un loggiato si accedeva alle prigioni confinate nella Torre, in cui la luce filtrava attraverso anguste finestre munite di doppia inferriata.
Un’ala del vetusto fabbricato venne abbattuta negli anni 1930 per la costruzione dell’Asilo Infantile, voluto da un benefattore, il Cavaliere Bonfiglio Dusio.
Agli inizi dell’Ottocento era adibito ad osteria. Oggi è un’abitazione privata.
IL MULINO
Da segnalare, appena fuori dal centro del paese, la presenza di un vecchio mulino, ora purtroppo non più in funzione, di cui è ancora possibile vedere la grande ruota.
IL SITO ARCHEOLOGICO DEL GUARDAMONTE
La zona del Guardamonte è quella che più di ogni altra, in Val Curone, offre la possibilità di effettuare un viaggio a ritroso nel corso della storia.
Questa località, situata sullo spartiacque tra Valle Staffora e Val Curone, al confine cioè tra Lombardia e Piemonte, è ricca di reperti archeologici: dai resti fossili di enormi capodogli e conchiglie di varie dimensioni, fino a suppellettili, manufatti in terracotta e resti di un castelliere, ossia un rudimentale villaggio fortificato, che testimoniano la presenza di antichissimi insediamenti umani.
I movimenti tellurici sotterranei, nel corso di migliaia di anni, hanno fatto progressivamente riemergere quello che per un lungo periodo era rimasto sommerso nelle profondità marine.
In un’epoca successiva, in queste stesse zone si insediò una tribù di Liguri, che sfruttò le grotte emerse come rifugio ed eresse capanne adibite a ricovero.
I membri della tribù divennero sempre più abili nel costruire fortificazioni solide e resistenti, fino a formare un “castelliere d’altura”.
I resti di rudimentali vasi di argilla sono stati ritrovati nell’area che delimitava il castelliere, e testimoniano la presenza di fornaci di mattoni nella zona.
Dal 1995 la Cattedra di Civiltà dell’Italia preromana ha avviato le indagini di scavo sul Monte Vallassa, al confine tra le province di Alessandria e Pavia.
La ripresa degli scavi dopo le indagini condotte negli anni ’50 in questo sito, noto come Guardamonte di Gremiasco, ha messo in luce un’interessante successione di fasi insediative; in particolare lo scavo del pianoro in prossimità della vetta ha permesso di identificare le tracce della frequentazione dell’area a partire dal Neolitico Medio (prima fase VBQ) e attestazioni di cultura materiale riferibili al Neolitico Finale e all’età del Rame (ceramica a squame e cultura del vaso campaniforme).
Il sito è stato quindi interessato, probabilmente già in un momento avanzato del Bronzo Medio o comunque dall’inizio del Bronzo Recente, da interventi di sistemazione dei versanti con opere di terrazzamento in pietra a secco.
Dopo una successiva fase di vita nel Bronzo Finale e un probabile abbandono protrattosi nel corso della prima età del Ferro, a partire dal VI secolo a.C. il Monte Vallassa venne sistematicamente occupato e l’importanza di questa fase di vita risulta dall’abbondanza delle testimonianze reperite in situ.
Un intervento avviato nel 1997 in corrispondenza di un ampio pianoro posto alle pendici settentrionali del monte ha evidenziato infatti una sequenza stratigrafica riferibile a un periodo compreso tra il VI e il II secolo a.C.
A una possente opera di terrazzamento edificata almeno nel VI a.C. è seguita, nella prima metà del IV a.C., una fase di ridefinizione dell’area con la posa di un muro di cinta più arretrato cui sono addossate alcune strutture più interne; tra queste è da segnalare la presenza di una piccola fornace per la cottura della ceramica che, insieme ad altri elementi, induce ad attribuire all’area una destinazione a carattere artigianale.
Le testimonianze più recenti dell’occupazione del sito risalgono all’epoca romana, in età altoimperiale.
I LICHENI DELLE ARENARIE DI GUARDAMONTE (ALESSANDRIA – APPENNINO SETTENTRIONALE): I CONTRIBUTI
Cristina DELUCCHI, Daniela CHIAPPETTA, Mariagrazia VALCUVIA PASSADORE
Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri,
Università di Pavia, Via S. Epifania 14 – 27100 Pavia
Questo lavoro rappresenta un contributo alla conoscenza dei licheni epilitici ed epigei di affioramenti rocciosi di una zona di notevole importanza archeologica posta in località Guardamonte, comune di Gremiasco (AL).
L’area si trova sul versante piemontese del Monte Vallassa (752 m), situato sulla linea di spartiacque tra la Valle Staffora (PV, Lombardia) e la Val Curone (AL, Piemonte).
Dal punto di vista geologico, il substrato è costituito da arenarie bioclastiche ad alterazione giallastra disposte in banchi e strati spessi (Cavanna et ai., 1989).
La frazione inorganica è costituita prevalentemente da quarzo, K-feldspato, frammenti di rocce metamorfìche e serpentiniti; sono presenti anche noduli glauconitici. La parte organica è costituita essenzialmente da frammenti di lamellibranchi, echinidi e brachiopodi.
Non essendo disponibili i valori relativi alle precipitazioni e alle temperature dell’area di studio, si fa riferimento a quelli della vicina località di Varzi (PV, Valle Staffora) (Rossetti & Ottone, 1979; Soldavini, 1976-77).
Il clima è di tipo temperato, con temperatura media annuale di 11,2°C e precipitazioni medie annue pari a 751,6 mm. La curva pluviometrica presenta due minimi, estivo e invernale, e due massimi primaverile e autunnale con picco principale in autunno. L’area indagata rientra nell’orizzonte submontano con climax di foreste decidue dominate da Querce e Castagni. Dei taxa lichenici individuati un quarto circa risulta nuovo per la regione Piemonte. Un buon contingente di specie, inoltre, risulta essere piuttosto raro nella regione fitoclimatica alla quale appartiene la zona indagata (Nimis, 2000).
Le forme di crescita predominanti sono le squamulose; ben rappresentate sono anche le specie fruticose e le rostose a tallo placodiomorfo. In base alle diagnosi di areale (Wirth, 1980), si evidenzia che le specie hanno prevalentemente gravitazione centro-meridionale.
Le caratteristiche ecologiche preponderanti sono: pH piuttosto basico, condizioni di moderato nitrofìtismo e xerofitismo, accentuato fotofitismo. Nel complesso la florula lichenica di Guardamonte presenta caratteristiche fitogeografìche ed esigenze ecologiche concordanti con il macroclima dell’area studiata.
Bibliografia:
CAVANNA F., Di GIULIO A., GALBIATI B., MOSNA S., PEROTTI C.R., PIERI M., 1989 – Carta geologica dell’estremità orientale del Bacino terziario ligure-piemontese. Tav. 1. Atti Tic. Se. Terra 32.
NIMIS P.L., 2000 – Checklist of the Lichens of Italy 2.0. University of Trieste, Dept. of Biology, IN2.0/2.
ROSSETTI R. & OTTONE G., 1979 – Esame preliminare delle condizioni pluviometriche dell’Oltrepo Pavese e dei valori critici delle precipitazioni in relazione ai fenomeni di dissesto franoso. Geol. Appi. e Idrogeol. 14 (3): 83-90.
SOLDAVINI S., 1976-77 – Studio preliminare sulle condizioni climatiche della zona tra il T. Curone e il T. Tidone.
Tesi inedita, Ist. di Geologia Univ. Pavia
WIRTH V, 1980 – Flechtenfìora. Ulmer, Stuttgart, 552 pp.
Riferimenti
http://www.openspeleo.org/it/archivio/grotte/scheda.php?id=176
http://www.valcurone.org/Itinerari/percorsicult/index.html
http://users.unimi.it/discanti/corsipl/Specializzazione/Scavi/Guardamonte.htm
http://www.comune.varzi.pv.it/Cultura%20e%20tradizioni/cultura.htm
http://www.appennino4p.it/passato.php
http://www.appennino4p.it/rocce.htm
CENTRO SPORTIVO COMUNALE
CENTRO POLISPORTIVO DELLA MALVISTA
LA CHIESA PARROCCHIALE
Dedicata alla Natività della B.V. Maria.
Durante la Visita Pastorale del 1687, il Vescovo, Mons. Ceva, ordinò il restauro e l’abbellimento della chiesa parrocchiale, una Pieve romanica edificata nel X secolo, che necessitava di cure essenziali.
Nel 1695, il nuovo Parroco, don Crisostomo Giani, visto e considerato il florido periodo che il paese viveva grazie al ridente commercio lombardo-ligure, decise la costruzione di un nuovo edificio religioso, in stile barocco, “adatto alla magnificenza di Dio”.
Le prime incombenze in tal senso durarono tre anni, dal 1695 al 1698, con pietre raccolte dal Curone e dai rii Dorbida e Caiella, che ricevettero la benedizione vescovile.
Il 24 Giugno 1698 ebbe inizio l’edificazione della nuova chiesa, che terminò sei anni più tardi.
L’anno 1704 il 2 Ottobre (…) si fece la benedizione del corpo della chiesa e si cantò la S. Messa in quella (Cronaca del Parroco).
Ci vollero altri dieci anni per la costruzione del Coro.
Il Parroco annota: “L’anno 1713 si è dato principio alla fabbrica del Coro e si è (…) perfezionato il rustico”.
“L’anno poi 1715 si è stabilito il Coro ed il giorno di San Giacomo (25 Luglio, Festa Patronale – N.d.R.) si cantò la S.ma Messa”.
La facciata, restaurata negli anni 1960 su direttive della Commissione Diocesana d’Arte Sacra, presenta un rosone adornato nella parte centrale, mattonelle d’un grigio-verdognolo elegantemente attuale ed un bell’affresco che riproduce il motivo titolare della chiesa: il tutto vorrebbe creare un insieme di semplicità armoniosa, suggerendo al fedele che accede alla piazza di sentire il Tempio come Casa di Dio e propria.
Il fine dell’Arte è per l’appunto esprimere e provocare godimento di spirito.
L’INTERNO
Caratterizzato da un’unica ampia navata, è delimitato da lesene.
La mancanza di navate laterali permette la creazione di piccole cappelle con relativi altari, secondo lo schema del classicismo barocco.
Su ogni gruppo di quattro lesene poggia un settore di volta a botte, con unghie in corrispondenza di finestre quadrangolari.
Un’arcata a tutto sesto connette il primo settore a quello successivo.
Il presbiterio, meno ampio della navata, ma con analoga copertura, è arricchito da affreschi.
Dietro l’Altar Maggiore, nell’abside semicircolare, si colloca il coro ligneo.
Grazie all’Arciprete Mons. Angelo Bassi, anche i colori delle decorazioni e degli stucchi dorati sono tornati agli antichi splendori, in seguito ad una grande opera di restauro che ha visto l’installazione di un’apposita illuminazione che ne esaltasse la buona riuscita.
L’ALTARE MAGGIORE
Agli inizi dell’800, l’Arciprete Carlo Vaccari espresse il desiderio di far erigere l’Altare Maggiore in occasione del primo Centenario della chiesa; correvano i tempi della dominazione napoleonica e la popolazione era vessata da imposizioni di derrate per i cavalli e di cibarie per i soldati stanziati in paese.
Il successore dell’Arciprete rilevò l’impegno, ma neanche lui poté adempiere al voto: quindi, per testamento, legò la sua eredità, mille lire ( ! ), a tale scopo.
Altrettante furono aggiunte in parti uguali dal Comune dalla popolazione, per un totale di duemila lire: tanto costò la realizzazione dell’Altar Maggiore, che fu commissionato al signor Monteverde Fabbricatore di Marmi in Via Giulia (oggi Via XX Settembre) a Genova.
L’artistico gioiello poté essere sistemato, venne benedetto il 15 Agosto 1836 e quindi consacrato.
Fatti e date sono tramandate da due lapidi poste a lato dell’Altare.
GLI AFFRESCHI ED I DIPINTI
In occasione del secondo Centenario della chiesa, nel 1896, l’Arc. Don Malaspina s’impegnò in un’opera di accurata decorazione, per cui ricevette valido sostegno economico dalla Famiglia Dusio.
Il tempio fu abbellito da artisti quali Luigi Morgari ed Achille Secchi, e venne poi solennemente consacrato il 13 Agosto di quell’anno da S.E. Mons. Igino Bandi, Vescovo di Tortona.
LA CAPPELLA ROMANICA
Sul lato destro dell’attuale abside, si conserva tuttora parte dell’antica Pieve, una costruzione in pietra lavorata fra le più antiche della Val Curone.
Addossata alla vetusta torre, dopo la costruzione della nuova chiesa, rimase adibita a ripostiglio provvisorio fino al Febbraio 1996, quando ne fu iniziato il restauro.
Oggi vi viene custodito il Santissimo Sacramento, in osservanza delle norme enunciate nel corso della Conferenza Episcopale Italiana del 18 Febbraio 1993, n°13.
LA TORRE CAMPANARIA
Nel corso del XVIII secolo, la vecchia torre romanica, che originariamente aveva scopi di guardia, con i suoi due piani e le sue otto feritoie, venne raddoppiata in altezza con la sopraelevazione di un campanile, sempre in stile barocco, che ancora oggi svetta sul paese.
IL MONUMENTO AI CADUTI
Presso il Municipio, un pensiero riconoscente rivolto al passato.
Come nella maggior parte dei comuni locali, anche Gremiasco ha voluto rivolgere un pensiero di ringraziamento ai suoi caduti delle due Guerre Mondiali, erigendo una stele.
Il Monumento in marmo bianco si trova a lato del Municipio e reca i nomi dei Combattenti per la Patria.
Il paese, giustamente, non ha dimenticato nemmeno coloro i quali persero la vita sul suolo russo, sia durante la fallimentare Campagna napoleonica, sia nel corso della Seconda Guerra Mondiale; a loro è stata intitolata una via: Via Soldati Dispersi in Russia.