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Itinerari

GEOLOGIA

Arenarie di Monte Vallassa (Miocene)

ITINERARIO

La grotta è raggiungibile da Tortona tramite la provinciale per Volpedo-San Sebastiano Curone-Caldirola. Risalendo il corso del Curone, visibile solo dopo il bivio con Castellar Guidobono, si giunge all’abitato di San Sebastiano Curone e dopo aver superato prima il ponte sul piccolo Rio cittadino e poi quello sul Torrente Curone, si svolta a destra per imboccare una stretta strada in salita che, scollinando nei pressi della grotta, raggiunge la valle Staffora (indicazione stradale Val Staffora). Superata la frazione Musigliano dopo meno di 1 km, si giunge infine in cresta.

Sullo spiazzo antistante la cascina Guardamonte si possono lasciare le auto. Da questo punto, prima su una carrareccia molto fangosa in caso di pioggia, e poi su comodi sentieri si raggiunge la grotta.

DESCRIZIONE

La cavità si presenta a prima vista come un basso riparo sotto roccia, nascosto tra la vegetazione e ingombro di massi sul pavimento, alla base di una parete verticale, praticamente sul sentiero di accesso.

Sul lato sud-ovest un ripido scivolo con fondo in terriccio conduce dopo pochi metri al fondo che chiude subito su una piccola condotta in cui si è tentato di asportare il riempimento di terriccio. Purtroppo, dopo pochissimo tempo, lo scavo è stato abbandonato per l’eccessivo restringersi delle pareti. Questa parte di cavità, esclusa la sola condotta terminale, presenta chiari segni di crolli lungo i pochi evidenti interstrati della formazione geologica.

Diversa, invece, è la morfologia della seconda parte della grotta alla quale si accede tramite un passaggio disostruito artificialmente mediante l’asportazione del terriccio che lo occludeva.

Il passaggio immette sul pavimento di un’alta diaclasi, relativamente stretta che, fortunatamente, non crea grandi difficoltà di progressione. E’ necessario però, mantenersi piuttosto alti salendo su un masso e mantenere quella quota.

Le pareti in tutta la forra sono molto levigate, segno del passaggio di acqua sotto forma di percolazione dall’esterno, tuttora presente. Tale percolazione in inverno crea suggestive stalattiti e piccoli drappeggi di ghiaccio.

Verso sud-est, la diaclasi è orientata grossomodo nord-ovest sud-est, la progressione si interrompe su un grosso crollo, successivamente ricoperto di terriccio compatto che in pratica impedisce di risbucare sul sentiero antistante la grotta.

Solo nella parte alta la cavità comunica ancora con l’esterno. Questo crea una notevole corrente d’aria che nel periodo dell’esplorazione veniva assorbita dall’ingresso (inverno 1993).

Procedendo nella parte opposta, si giunge in breve ad un interessante incrocio di diaclasi ortogonali fra loro. Purtroppo tutte impercorribili. A questa punto occorre fare alcuni metri all’indietro e nel pressi di un grosso masso, risalire in facile opposizione fino alla finestra che permette, attraverso un piccolo cunicolo di pochi metri, l’accesso alla “sala di Kantor”.

Questa interessante struttura, peraltro insospettata in queste morfologie, presenta pareti estremamente levigate e soffitto domiforme di aspetto.

Sul pavimento è presente un potente accumulo di massi di dimensioni stranamente uniformi, vicine al decimetro cubo di dimensione. Nella parte centrale lo spessore di questo deposito è sicuramente superiore al metro.

Data la vicinanza della sala con la superficie esterna sono visibili moltissime radici che spuntano dal soffitto e dalle pareti.

Nella cavità non sono presenti fenomeni concrezionali.

INQUADRAMENTO

Il vasto pianoro antistante alla ripida parete meridionale del Monte Vallassa e la parete stessa sono stati ripetutamente oggetto, nel corso del nostro secolo, di ricerche e studi su siti attribuibili dal Neolitico sino all’avvento in zona, come del resto in tutto il basso Piemonte, dei Romani nel III secolo a.C.

L’antica popolazione dei Liguri dimorò nei pressi di alcune cavità, fortificandone gli accessi con muretti a secco.

Queste rudimentali fortificazioni, definite dagli archeologi “Castelliere”, sono numerose e tuttora visibili nell’area in esame.

Probabilmente i Liguri avevano già abbandonato questi siti per atri più favorevoli, ma vi furono nuovamente ricacciati all’arrivo dei Romani nel vano tentativo di difesa.

Esistono relazioni, non ancora assunte in bibliografia, della Soprintendenza alle Antichità per il Piemonte, datate 1952/54 e 1957, che accertano una assidua frequenza antropica in una vasta caverna con relativo castelliere (la descrizione parla anche di un breve ipogeo) a partire dal secolo VIII, fino al IV a.C.

Tale frequentazione a quanto pare si affievolì e poi cesso a causa di un imponente crollo (i resti sono effettivamente ancora visibili, a circa un centinaio di metri dalla Guardamonte) che causò la quasi totale distruzione della cavità.

Comunque è certo e documentato che la spinta per questi studi della Soprintendenza fu l’esplorazione da parte di alcuni cacciatori, all’inseguimento della “solita volpe”, sotto alcuni massi di frana che guarda caso, si trovava proprio dove le leggende locali tramandavano l’esistenza di un tesoro appartenente ad una non bene identificata Regina.

Di questo tesoro, ritrovato o no, non si sa nulla. Il materiale che fu consegnato alla Soprintendenza era composto da vasellame vario e da un’ascia di pietra verde che, a detta di chi ha avuto la fortuna di vederla, era di pregevole fattura.

Tesori archeologici a parte, la sommità del Monte Vallassa, ad un primo esame, si presenta con buone potenzialità speleologiche sia nel versante alessandrino, molto ripido e per molti tratti privo di copertura vegetale (da alcuni anni esiste una piccola palestra di roccia denominata “le Balze”, sia in quello pavese a quasi totale copertura boschiva con pendenze meno accentuate.

Proprio nel versante pavese sono conosciute da tempo le grotte di San Ponzo, rese famose da un santo eremita che le elesse a propria dimora, ed alcuni inghiottitoi.
Questi vennero rilevati dal Gruppo Grotte Milano che posizionò anche la cavità in questione nella provincia di Pavia, attribuendole uno sviluppo planimetrico di 12 m.

Geograficamente il Monte Vallassa è in pratica l’ultimo grande sperone roccioso che funge da spartiacque tra il torrente Curone e lo Staffora nel tratto terminale del loro corso verso il Po, del quale sono affluenti diretti di destra. Dopo questo rilievo, verso nord, la Pianura Padana prende il sopravvento sulle ultime increspature dell’Appennino Ligure-Piemontese.

STORIA DELLE ESPLORAZIONI

La cavità è sicuramente nota da tempo agli abitanti della zona che, si presume, la visitarono a più riprese, soprattutto dopo le ricerche effettuate dalla Soprintendenza nelle vicinanze.

Nulla però ci è pervenuto di queste visite, nemmeno a livello verbale. Si può ipotizzare che esse fossero limitate alla prima parte della cavità, peraltro molto breve, dal fatto che la notizia dell’ esistenza della grotta, carpita ancora una volta da Marco Serrano ad alcuni abitanti della zona, era accompagnata da un poco invitante: tanto non troverete nulla, è un “buco”…

Nei primi anni ’80 il Gruppo Grotte Milano svolse ricerche nella zona posizionando e rilevando alcuni inghiottitoi in provincia di Pavia, inserendo fra loro anche la grotta di Guardamonte e precisamente con numero catastale 2903 PV LO. Data l’estrema concordanza dei dati dell’ingresso non è neanche stata presa in considerazione l’ipotesi che le grotte siano due (nelle vicinanze poi, non c’è veramente nulla).

Resta però il fatto, peraltro palese, che la grotta si apre sul versante meridionale e che questo è, almeno nel tratto che ci interessa, interamente in provincia di Alessandria.

Nel 1994 il gruppo Grotte di Acqui e quello di Novara, nell’ambito di un programma di ricerca di nuove cavità nella provincia di Alessandra e su segnalazione del già citato Marco Serratto, reperivano la cavità esplorandola e rilevandola interamente.

BIBLIOGRAFIA:

G. Stazzano: “La provincia di Alessandria” marzo 1966
R.Giani: “La provincia di Alessandria”, aprile 1966
Cielio Goggi: “Storia dei comuni e delle parrocchie della diocesi di Tortona” Ediz. E. III Tortona 1973
Angelo Bassi: “Gremiasco: Storia di un paese”, Gremiasco 1987
G.D.Cella Cella e C.G. Vaselli: “Attuali conoscenze sul fenomeno carsico in provincia di Alessandria” – Atti del XV

Congresso Nazionale di Speleologia, Castellana 1989

Fonte: http://www.openspeleo.org/it/archivio/grotte/scheda.php?id=176

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Ultima modifica: 24 Maggio 2019 alle 09:46
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